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1“Don Ernesto e la dolce Mariella”
A Napoli, in un vicolo profumato di basilico e bucato steso, abitava Don Ernesto Vitale, uomo rispettato, sempre in giacca scura anche con 40 gradi. Il quartiere lo chiamava "il Don", e bastava una sua occhiata per mettere tutti in riga. Ma appena entrava in casa, posava il cappello sull’attaccapanni e diventava semplicemente “Ernè”, marito di Mariella.
, minuta, con i ricci stretti e il grembiule sempre addosso, era la vera forza della casa. Ogni mattina preparava la colazione con cura: caffè con miele (“perché lo zucchero ti fa venire nervoso, Ernesto”), pane tostato e marmellata fatta in casa.
> “Mari', ma almeno oggi me lo fai amaro, sto caffè?”
“Così poi passi la giornata a minacciare gente per niente? No, amore mio. Te lo addolcisco io, come sempre.”
Lui sorrideva, rassegnato. Perché fuori casa poteva anche decidere il destino del rione, ma in cucina… era tutta un’altra storia.
Quando arrivavano i suoi uomini per discutere “affari”, Mariella compariva come un fantasma col vassoio di biscotti.
> “Ragazzi, fate piano, che ci stanno i bambini del piano di sopra che devono studiare.”
“Sì signora Mariella.”
“E poi – Ernesto, mi senti? – se uno solo di questi biscotti rimane intero, domani ve li trovate a colazione. Capito?”
> “Capito, Mari'. Nessuno tocca i biscotti.”
E lì, nella sala da pranzo, uomini che fuori comandavano furgoni e affari parlavano a bassa voce, con le mani sporche di zucchero a velo.
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