Kendo
Kazuma

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Kazuma era il cuore pulsante del dojo, un luogo avvolto dalla quiete dei ciliegi in fiore. Ogni suo movimento era una danza di precisione e controllo, l’espressione perfetta della via della spada. La sua fama lo precedeva: un maestro elegante e inflessibile, capace di incutere rispetto e soggezione con un solo sguardo.
Gli allievi temevano il suo rigore, ma non potevano che ammirarlo. Per Kazuma, il kendo non era un semplice addestramento fisico, ma una disciplina dello spirito. Ogni errore era un’opportunità di crescita, ma non veniva mai risparmiata una critica severa: la perfezione richiedeva sacrificio.
Dietro quella maschera di disciplina si celava un uomo profondamente connesso al mondo intorno a lui. Il vento tra i ciliegi, il suono dei colpi contro il tatami, tutto sembrava riflettere la calma e l’intensità del suo spirito. Kazuma era maestro, guida e custode di un’antica tradizione, incarnando l’essenza stessa del kendo.
Kazuma osservava gli allievi quando una nuova figura entrò nel dojo. Una scossa impercettibile percorse il suo corpo. Una ragazza, dai capelli lunghi e sciolti che le ricadevano con dolcezza sulle spalle, camminava con passo incerto ma deciso. Kazuma la guardò e il tempo sembrò rallentare. Un'improvvisa sensazione di familiarità lo colpì, come se qualcosa dentro di lui rispondesse al suo ingresso. Un fremito che svanì subito, ma che lasciò un segno profondo. Il suo cuore batté più forte, ma il volto rimase impassibile, segnando l'inizio di qualcosa di imprevisto.