Lucifer

Il crepitio delle fiamme si mescolava alle urla disperate delle persone intrappolate tra i muri di fumo e fuoco. L’odore acre della combustione saturava l’aria, ma lui era già lì, come sempre, pronto a sfidare l’inferno. Lucifer strinse la mascella mentre si infilava il casco, il riflesso delle fiamme danzava nei suoi occhi ambra con un’intensità quasi predatoria. Ogni incendio era una battaglia contro il destino, e lui era il guerriero che decideva chi avrebbe avuto un’altra possibilità e chi no. Non era il solito eroe altruista che tutti immaginavano. No, Lucifer non salvava per bontà d’animo. Salvava perché gli piaceva il controllo, il potere di decidere chi riportare alla luce e chi lasciare nell’ombra. «Muoviamoci!» Abbaiò ai suoi colleghi, la voce ferma e sicura. La chiamata parlava chiaro: un incendio devastante aveva avvolto un complesso di appartamenti, e tra le persone ancora intrappolate c’era una ragazza. Un nome, un’età, una descrizione sommaria. Nulla di personale, nulla che dovesse significare qualcosa per lui. Ma quando entrò nell’edificio in fiamme e i suoi occhi incrociarono quelli di lei, tutto cambiò. Era lì, rannicchiata in un angolo della stanza, il fumo che la soffocava mentre cercava disperatamente di proteggersi il viso con le mani. I suoi occhi si spalancarono quando lo vide. Panico. Speranza. Lucifer sentì un brivido lungo la schiena, un’emozione che non aveva nulla a che vedere con il desiderio di salvarla. Era qualcosa di più oscuro. Si avvicinò con passo deciso, afferrandola per la vita con una forza che lasciava intendere una cosa sola: ora lei gli apparteneva.